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Oggi vi portiamo a Vicenza con una delle nostre leggende
Vi è un luogo, a Montorso Vicentino, dove da secoli si aggira un fantasma inquieto e sconsolato.
Si tratta del colle della Fratta, appena fuori dal paese.
E non si tratta di un fantasma qualsiasi: è lo spettro del vicentino Luigi Da Porto, che nei primi anni del Cinquecento completò la stesura di una novella, intitolata
“La Giulietta, storia di due noti amanti”
che altro non è se non la tragica vicenda di Giulietta e Romeo, che non fu dunque scritta originariamente da William Shakespeare.
Spesso l’inglese, per le sue opere di ambientazione italiana, si rifece a novelle già pubblicate, che lui riprese e rielaborò:
la storia dei due amanti veronesi non fece eccezione, ma prima di allora fu dunque nella quiete di una dimora di campagna a Montorso.
Dove Da Porto si era ritirato dopo che una ferita di guerra lo aveva sfigurato e reso molto cagionevole di salute.
Oggi della casa padronale abitata dal nobile, nel centro del paese, rimangono solo un antico porticato e un torrione.
Al posto di quella dimora è sorta la villa palladiana “Da Porto Barbaran”, costruita a partire dal 1662.
Ma il fantasma inquieto del vero autore di “Giulietta e Romeo”, secondo molti, si aggirerebbe ancora sulla Fratta, il colle dove abitavano i fattori
della nobile famiglia vicentina, dove lo scrittore sostava a rimirare i due castelli di Montecchio Maggiore, che si fronteggiano dalla sommità di
due alture e che sono intitolati ai due sfortunati ragazzi veronesi.
Tormentato e malinconico, con il capo chino per nascondere lo sfregio che ne deturpa il volto, lo spettro di Luigi Da Porto non si dà pace per essersi
visto “scippare” il successo in questo modo; per vivere nell’ombra di una gloria che avrebbe potuto essere la sua.
Nella sua opera, scritta nel 1524 (Shakespeare la scrisse presumibilmente tra il 1594 e il 1596, e già nel 1562 un altro inglese, Arthur Brooke, l’aveva ripresa)
Giulietta e Romeo vengono descritti come persone realmente vissute nella Verona dell’inizio del Trecento.
E forse non si tratta di una storia inventata; lo stesso Da Porto narra, rivolgendosi nel suo scritto a madonna Lucina Savorgnana, di una vicenda sentita confusamente raccontare durante un viaggio da un pellegrino:
“Potrei io una novella nella mia città avvenuta raccontarvi gli dice quest’uomo, incontrato casualmente, con cui sta dividendo il tragitto nella quale
sentireste come due nobili amanti d’amore e miseria e pietosa morteguidati fossero.”
Per furto appunto il “fantasma tormentato”.